Cuochi e professori universitari discutono di tradizione e professionalità

L’11 ottobre è stata una giornata storica per i cuochi abruzzesi che per la prima volta
si sono ritrovati presso l’Università degli studi di Teramo per discutere di cucina
tradizionale e della figura del cuoco con i docenti del corso di “Scienze e culture
gastronomiche per la sostenibilità”.
Il contesto economico, sociale e culturale che stiamo vivendo ha cambiato il ruolo
professionale del cuoco. Per rispondere positivamente a questa nuova condizione il
cuoco deve ampliare le sue conoscenze e competenze, unendo scienza ed esperienza
per arrivare ad una vasta “cultura professionale”, la quale si acquisisce attraverso la
ricerca, il confronto e la condivisione.”
Con queste parole il presidente dell’URCA Lorenzo Pace ha dato inizio al seminario
“Storia e memoria in cucina: la figura del cuoco”, coordinato della presidente del
corso in scienze gastronomiche la professoressa Maria Angela Perito, che ha visto le
relazioni del Magnifico Rettore Dino Mastrocola e del professor Daniele Di
Bartolomeo.

Il Rettore ha fatto notare come “nella cucina tradizionale si compivano delle azioni
giuste nella preparazione dei cibi ma senza conoscerne le motivazioni scientifiche
mentre oggi un cuoco professionista non può più prescindere dalla conoscenza
tecnica e scientifica”.

Il professor Di Bartolomeo ha sottolineato come in questo periodo tutti cercano di
fare tradizione con innovazione, tendendo a dare staticità al passato come
manifestazione della propria creatività. Ma se da un lato il passato attesta
l’autorevolezza di una pietanza, dall’altro la tradizione è un modo di rievocare il
passato, e che attraverso le pietanze si riesce a conferire al commensale un accesso
diretto a quel passato che è composto da ingredienti, persone, produttori, luoghi e
consuetudini, che poi sono i veri attori di quella “tradizione” e che possono mutare
nel tempo. Il cibo è costruttore dell’identità sociale, per cui se alcuni piatti continuano
a durare nel tempo è proprio perché vengono modificati e reinventati, permettendo
loro di sopravvivere anche se sono frutto di contaminazioni culturali, entrando in un
processo di invenzione del piatto che diventa una nuova realtà e che quindi diventa
una “nuova” tradizione.

I termini “tradizione” e “innovazione”, dunque, sono strettamente collegati tra loro
dato che l’uno non può esistere senza l’esistenza dell’altro, e che, per usare le parole
del noto storico Massimo Montanari, “la tradizione è un innovazione di successo”.


Angelo Monticelli

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