Il Prof. Giuseppe Casale, per gli amici “Peppino” Autorevolezza e professionalità per l’“Associativo”
di Redazione
È iscritto alla Federazione Italiana Cuochi da 47 anni e da 17 viene riconfermato alla guida del delicato e importante Dipartimento Associativo. Il suo ruolo? È già nel nome del suo incarico: curare meticolosamente i rapporti con tutte le Associazioni Provinciali, Unioni Regionali e Associazioni di Cuochi Italiani all’Estero. Lui è Giuseppe Casale, il “Professore”, ma per gli amici e i familiari è “Peppino”. Un vezzeggiativo che non scalfisce però minimamente la sua autorevolezza e professionalità. È un punto di riferimento per tutta Federcuochi, soprattutto nei momenti più delicati della vita associativa. E ben si comprende, se pensiamo che ha a che fare ogni giorno con le 20 realtà regionali, quasi un centinaio di realtà provinciali e con una quindicina di associazioni circa in tutto il mondo. Qui le sue risposte alla nostra intervista.
D: La nomina a responsabile nazionale del Dipartimento Associativo significa essere investito di una grande responsabilità. Al di là della gioia e dell’onore di tale incarico, come sta pianificando questi anni di forte impegno che la attendono e che già sono in atto?
R: Sono 17 anni ininterrottamente che mi viene riconfermato l’incarico di responsabile del Dipartimento Associativo per l’Italia e per le Associazioni FIC nel mondo. Vi assicuro che ogni volta è sempre un’emozione nuova, con motivazioni sempre forti, corroborate da una passione infinita per le continue relazioni con colleghi di ogni dove, appartenenti alla nostra grande famiglia FIC. Ho racchiuso in questi sette nodi fondanti le tematiche e i bisogni dei nostri associati, dei quali ritengo ci dovremo fare carico:
- Promuovere la Federazione Italiana Cuochi sempre in modo
- Dialogo, rapporto e disponibilità continua con tutto il territorio nazionale e con le Associazioni FIC all’estero.
- Collaborazione – Formazione dei Quadri dirigenziali regionali, provinciali e associazioni FIC
- Assunzione di provvedimenti istituzionali su tutto il territorio nazionale in modo
- Sviluppo di nuove metodologie
- Valorizzazione delle risorse
- Conoscenza delle problematiche di base e dei bisogni dell’Associato.
D: Oggi la ristorazione sta cambiando molto rapidamente. Anche il settore che lei è stato chiamato a guidare e coordinare chiede risposte sempre più concrete e immediate. Quali sono, a suo avviso, le più urgenti e le tematiche da affrontare?
R: La formazione e le motivazioni delle giovani leve. La pandemia di questi ultimi anni ha solo accentuato la criticità dell’approccio verso questa professione, in realtà già covava sotto la cenere. Siamo tutti responsabili di questo fenomeno di abbandono di questa meravigliosa e al contempo gravosa arte e professionale attività. È indispensabile mettere tutti gli attori intorno ad un tavolo e ridisegnare l’intero comparto della ristorazione, sviscerare e trovare soluzioni idonee per consentire a tutti una dimensione più umana del lavoro e della professione quale strumento gratificante per continuare a portare in Italia e nel mondo il made in Italy, che tanto ci viene invidiato e apprezzato.
D: Muoversi e operare nel solco della Federazione Italiana Cuochi significa non essere mai da soli, avere attorno una grande squadra che ci sostiene e ci difende. Vivere in un contesto associativo come quello FIC significa anche sapere spendere bene il proprio tempo, tra la professione in cucina o a scuola, la vita privata e lo spirito federativo. Come si organizza in tal senso?
R: Avrei preferito una domanda di riserva. Non è per niente semplice. Di sicuro, chi si dedica a questo mondo, in qualsiasi contesto, gioco forza sacrifica il valore più grande: LA FAMIGLIA. Chi non ha nelle vene la passione verso questo lavoro, lo abbandona velocemente, forse anche prima di iniziare veramente. Ecco perché vanno coinvolte anche le Istituzioni, perché questa professione è in grado di muovere in modo formidabile le bellezze e i territori del nostro Paese e, di conseguenza, la crescita economica globale.
D: Sappiamo che non è facile farlo in poche righe, ma ci descriva qui in breve la sua esperienza in FIC, dalla prima tessera sottoscritta fino ad oggi.
R: Sono iscritto alla Federcuochi da 47 anni, ininterrottamente. Da circa 30, in qualità di dirigente nazionale. Mi sento un uomo fortunato, perché ho potuto decidere io cosa fare nella vita. Ho insegnato per 43 anni nella scuola di Stato e, parallelamente, ho coltivato la professione anche all’esterno. Per me la Federazione Italiana Cuochi è stata una seconda famiglia, per quanto mi ha dato in termini di conoscenze umane e professionali, in Italia e nel mondo. Spero che anch’io sia stato utile e all’altezza allo steso modo, mettendomi incondizionatamente al suo servizio. Grazie, FIC, e grazie a tutte le sue anime passate, presenti e future.
D: Richiamando, infine, quel gioco di squadra di cui parlavamo, vuole lanciare un messaggio anche agli altri suoi colleghi FIC che ricoprono un ruolo analogo al suo?
R: Ciò che sto per dire non rappresenta una novità, ma solamente la normalità positiva e produttiva: “Un gruppo di persone che condivide un obiettivo comune può raggiungere l’impossibile”.