Divulgazione con l’Ateneo della Cucina Italiana. Al timone chiamato il giovane Lorenzo Alessio
di Redazione
Di incarichi istituzionali, in realtà, ne ha ben più di uno e tutti molto delicati. Eppure Lorenzo Alessio non ha rinunciato a guidare anche l’Ateneo della Cucina Italiana, consapevole del ruolo importantissimo che svolge la Federazione Italiana Cuochi anche attraverso questo settore, che indica le diverse espressioni della cucina territoriale del nostro Paese. Un ruolo di divulgazione, di formazione, ma anche di tutela e valorizzazione. Ecco le risposte di Lorenzo alla nostra intervista.
La nomina a responsabile nazionale del Dipartimento di Ateneo della Cucina Italiana significa essere investito di una grande responsabilità. Al di là della gioia e dell’onore di tale incarico, come sta pianificando questi anni di forte impegno che la attendono e che già sono in atto?
“Sono ormai diversi anni che mi impegno e porto avanti progetti e lavori per conto della Federazione Italiana Cuochi e, con o senza nomina, mi sono sempre dato da fare per tante e svariate attività, quindi in tutta sincerità personalmente non cambia nulla, continuerò a ritagliarmi del tempo per dare il mio contributo”.
Oggi la ristorazione sta cambiando molto rapidamente. Anche il settore che lei è stato chiamato a guidare e coordinare chiede risposte sempre più concrete e immediate. Quali sono, a suo avviso, le più urgenti e le tematiche da affrontare?
“La cucina, come un po’ tutte le cose, per sopravvivere deve mutare, deve stare al passo con il continuo cambiamento della società alla quale appartiene. La tematica più urgente è, senza ombra di dubbio, la forza lavoro che sta scomparendo dalle cucine”.
Muoversi e operare nel solco della Federazione Italiana Cuochi significa non essere mai da soli, avere attorno una grande squadra che ci sostiene e ci difende. Vivere in un contesto associativo come quello FIC significa anche sapere spendere bene il proprio tempo, tra la professione in cucina o a scuola, la vita privata e lo spirito federativo. Come si organizza in tal senso?
“La giornata ha una durata di 24 ore per tutti quanti noi, ovviamente ognuno è libero di utilizzarle come meglio crede. Negli anni ho imparato a bilanciare vita privata e lavoro attraverso l’esperienza e la pianificazione”.
Sappiamo che non è facile farlo in poche righe, ma ci descriva qui in breve la sua esperienza in FIC, dalla prima tessera sottoscritta fino ad oggi.
“Quando ero molto più giovane, amavo mettermi in gioco (forse anche troppo, con il senno di poi!), solo cucinare non era abbastanza per me e quindi decisi di partecipare ad una competizione culinaria. Per farlo, bisognava essere iscritti alla Federcuochi. Ero appena tornato dall’Inghilterra, mi dissero che si trattava di una competizione per soli Senior ed io ero ancora uno Junior, ma ho insistito e alla fine ho vinto. Per tanti anni ho continuato a tesserarmi solo per poter partecipare alle competizioni culinarie, crescendo però ho capito che le competizioni erano solo una costola della Federazione Italiana Cuochi e che dietro si nascondeva un mondo che ancora sto continuando a scoprire”.
Richiamando, infine, quel gioco di squadra di cui parlavamo, vuole lanciare un messaggio anche agli altri suoi colleghi FIC che ricoprono un ruolo analogo al suo?
“Semplicemente, dico che ognuno dovrebbe pensare a fare il suo con il massimo della serietà, in modo tale che, al momento di unire il puzzle, tutti i pezzi possano combaciare perfettamente, o quasi”.