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Piero Billia ed il “Cerco e offro lavoro” in un momento delicato della ristorazione

Piero Billia ed il “Cerco e offro lavoro” in un momento delicato della ristorazione

Quello del “Cerco e Offro Lavoro” è un “capitolo” molto delicato, curato dalla Federazione Italiana Cuochi. Anzi, forse mai come in questo momento è tra quelli più ricercati, visto il periodo altrettanto delicato che tutta la ristorazione italiana sta attraversando e, con essa, il turismo. Avere, infatti, personale altamente qualificato, con un curriculum serio e che si possa proporre alle strutture ricettive, ai locali e ai ristoranti, sta diventando sempre più “merce rara e preziosa”. La Federazione Italiana Cuochi cura da sempre con altissima precisione e professionalità la formazione dei propri associati e anche sul fronte del lavoro e dell’occupazione esprime da sempre la massima attenzione. A curare il Compartimento dedicato proprio a questo settore è stato chiamato Piero Billia, che di professionalità ne spende già molta nel proprio territorio, la Valle d’Aosta, dove attualmente ricopre l’importante incarico di presidente provinciale e dove da sempre è impegnato in ambito associativo, con grande spirito di appartenenza. E dalle sue parole leggerete altrettanta chiarezza di idee, che il nostro dirigente non vede l’ora di mettere in pratica per il bene di tutta la comunità FIC. Ecco le sue risposte alla nostra intervista.

La nomina a responsabile nazionale del Compartimento Cerco e Offro Lavoro significa essere investito di una grande responsabilità. Al di là della gioia e dell’onore di tale incarico, come sta pianificando questi anni di forte impegno che la attendono e che già sono in atto?

“Cercherò di mettermi a disposizione per il bene di tutta l’Associazione, creando un metodo/sistema che integri, unisca, valorizzi e aiuti ad incontrare la domanda con l’offerta, ma lasciando tutto in un sistema automatico che non faccia perdere il punto delle cose importanti, “aiutare l’associato non compilare fogli su fogli”. Ci vorrà un po’ di tempo, ma sono sicuro che, con l’aiuto e il confronto di tutti, creeremo un sistema che durerà anni, in continua evoluzione ma con basi ben solide”.

Oggi la ristorazione sta cambiando molto rapidamente. Anche il settore che lei è stato chiamato a guidare e coordinare chiede risposte sempre più concrete e immediate. Quali sono, a suo avviso, le più urgenti e le tematiche da affrontare?

“È in atto una rivoluzione industriale, i giovani e i meno giovani non entreranno più nel mondo del lavoro finché non si cambieranno le vecchie regole. Il covid ha fatto capire a molti che, oltre al lavoro, c’è anche una vita privata, bisogna rifondare il turismo anche rinunciando a parti di retribuzione in cambio di un lavoro etico e sostenibile. Tutte le altre nazioni lo hanno già capito; solo noi sembriamo non avere l’interesse a metterlo in pratica. In un mondo dove chiunque è uno chef anche senza capacità o titolo di studio, non vedo il motivo per cui un giovane talentuoso debba sacrificare la propria passione per vedersi poi passare davanti “per 200 euro in meno” un ragazzo o cuoco con meno capacità o addirittura senza esperienza né titolo di studio. Bisogna regolamentare per migliorare la qualità, equiparando lo stipendio ai livelli lavorativi che già esistono, ma con un Ente che li certifica. Quando si studia una lingua, ad esempio, non si sale di livello facendo degli esami che certifichino le tue competenze? Sarebbe giusto che tutti guadagnassero e fossero riconosciuti dalla qualifica che possiedono, non da un titolo venuto da una finta gratificazione lavorativa”.

Muoversi e operare nel solco della Federazione Italiana Cuochi significa non essere mai da soli, avere attorno una grande squadra che ci sostiene e ci difende. Vivere in un contesto associativo come quello FIC significa anche sapere spendere bene il proprio tempo, tra la professione in cucina o a scuola, la vita privata e lo spirito federativo. Come si organizza in tal senso?

“Creando un sistema che si auto-alimenti, semplice ma allo stesso tempo che premi le province che ci mettono impegno, sarà un volano di nuovi associati e di aziende che verranno con noi per poter conoscerei nostri soci. Il confronto sarà continuo, ma io potrò dalla mia piccola valle creare un metodo “intuitivo” che porti poi in gruppi specifici a passare le stesse informazioni in tutte le province italiane. Se a fine estate avrò già creato l’80% del sistema, sarò l’uomo più felice sulla terra. Io ci tengo al mio lavoro e lo prendo come un lavoro, appunto. Inoltre, non mi piace perdere”.

Sappiamo che non è facile farlo in poche righe, ma ci descriva qui in breve la sua esperienza in FIC, dalla prima tessera sottoscritta fino ad oggi.

“Sono tesserato dal mio primo giorno di scuola alberghiera, nei vecchi tempi c’erano molte persone che collaboravano ma, a mio parere, si viveva un’aria di soggezione e rispetto per i membri e non si osava addirittura entrare. Da quello che mi ricordo, si arrivava quasi tutti dalla scuola, in Valle d’Aosta erano un centinaio di amici che si conoscevano e partecipavano con due, tre persone che la facevano da padrone. Sono circa 10 anni che sono segretario o componente nel Consiglio regionale e provinciale della Valle d’Aosta e ho sempre cercato di far passare il “noi” e non l’io. Nell’ultimo periodo, dopo il covid, ho vissuto da parte di tutti una ventata di egoismo totale e anche nel turismo la parola “passo prima io” è stata legge. Tante scorrettezze e tanta poca riconoscenza. Oggi sono il presidente provinciale, siamo circa 320 tesserati con un ricambio del 30% e ormai con un piccolo Direttivo come il nostro bisogna rallentare e strutturarsi meglio, per non finire come una torretta di lego, che al primo scossone crolla. Sono fiero di essere un associato della Federazione Italiana Cuochi e penso che bisognerebbe credere, prima che nelle regioni o province, nella stessa Federazione. Siamo tutti bravi sul nostro territorio e anche con molto impegno, ma non è la Federcuochi che è nelle nostre Associazioni Provinciali, siamo noi che siamo pezzettini di un puzzle chiamato Federazione Italiana Cuochi”.

Richiamando, infine, quel gioco di squadra di cui parlavamo, vuole lanciare un messaggio anche agli altri suoi colleghi FIC che ricoprono un ruolo analogo al suo?

“Non chiudete le porte al cambiamento, lo stesso porterà a benefici e turbamenti. Ma vedrete che chi collaborerà ed esporrà anche il suo punto di vista non sarà mai ignorato, ma vedrà nel tempo pezzetti delle sue idee messe in pratica. Unico diktat, siamo un’Associazione e per essere o usufruire dei servizi FIC bisogna essere associati in una delle tante province e la provincia che seguirà direttamente l’associato sarà, “com’è logico che sia”, quella dov’é iscritto. Sono convinto che insieme si può tutto”.

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