Intervista al sindaco di San Gimignano, Andrea Marrucci
“[…] In un posto come questo ci si sente veramente nel cuore delle cose, e lontano dalla pista battuta. Affacciandomi ogni mattina ad una finestra gotica, mi sembra impossibile che il Medioevo sia tramontato.”
E.M. Forster, La città
Nel cuore della Toscana più antica, San Gimignano è un gioiello medievale incastonato nel suggestivo scenario delle colline senesi: una destinazione esclusiva per chi vuole immergersi in un contesto ricco di storia, arte e cultura senza rinunciare a un’avventura enogastronomica di qualità.
Ma per quanto l’affascinante centro storico, patrimonio UNESCO dell’Umanità dal 1990, sia da sempre un richiamo per orde di turisti e curiosi, pandemia e caro energia non hanno risparmiato questo piccolo borgo della Valdelsa. Andrea Marrucci, sindaco di San Gimignano, che come le sue inconfondibili “belle torri”, veglia attento sul territorio, ci offre una fotografia del comparto ristorazione-ospitalità.
Bentrovato e grazie per averci concesso quest’intervista. Da sindaco, grazie al dialogo con gli operatori del territorio, come pensa se la sia cavata quest’anno San Gimignano in termini di presenze ed affluenza?
Se non siamo pari, siamo molto vicini ai livelli 2019. Il polso che ha il sindaco è una buonissima fase di ripresa e ripartenza. Ciononostante, soprattutto durante la stagione estiva, nei settori somministrazione e turistico-ricettivo si sono avute le problematiche maggiori, specialmente in termini di difficoltà a reperire la manodopera specializzata necessaria. Abbiamo assistito, essendo la Valdelsa una zona piuttosto ricca con un’economia diversificata, a molte figure che hanno trovato contratti più appetibili nella manifattura, seppure fossero solite lavorare stagionalmente nel turismo: ad esempio, casi di aiuto-cuochi che hanno preferito contratti di un anno, a tempo determinato, nel distretto del camper; ma anche attività di somministrazione, pubblici esercizi, bar che si sono trovati a fare uno/due turni di riposo perché non sono riusciti a reperire il personale e non perché non ci fosse voglia di lavorare .
Quali sono, secondo il suo punto di vista, i motivi che stanno portando sempre più lavoratori ad allontanarsi da questo settore?
Il Covid ha inciso perché ha cambiato tutta una serie di paradigmi, questioni o attitudini a cui eravamo abituati. Dopodiché, al netto della pandemia, credo che ci sia un problema di percorsi formativi e di norme che agevolino un approccio a questi mondi più favorevole. Se penso alle mie esperienze da ragazzo, quando ero ancora studente, ero solito andare in qualche ristorante come cameriere e poi, conclusa la stagione, si andava a fare la vendemmia. Oggi mi viene riferito che non è più così semplice “mettere un ragazzo a leva”. Rispetto a quando facevo io queste cose, c’è meno attitudine dei giovani. Per questi motivi, si dovrebbe investire su dei percorsi formativi che avvicinino i giovani a certe attività, poiché oggi la qualità del turismo culturale e sostenibile passa anche tantissimo dalla preparazione: chi non è preparato o non punta sulla qualità, prima o poi viene espulso dal mercato. San Gimignano potrebbe sembrare una località in cui si decide superficialmente di aprire un’attività, contando sulla solidità dei flussi turistici, ma non è così. Lo abbiamo sperimentato con il Covid che, per quanto possa essere un evento estremo, ci ha insegnato che chi non punta sulla qualità e sulla professionalità, soccombe perché il cliente non è uno sprovveduto.
In un comune di poco più di 7mila abitanti come San Gimignano, per quanto ambita meta turistica, come riuscite ad attrarre e soprattutto trattenere giovani talenti come cuochi, aiuto cuochi e camerieri? Perché un ragazzo dovrebbe scegliere un’esperienza nel territorio, piuttosto che all’estero o in grandi città?
Nei percorsi formativi è anche giusto che ci si allontani dal proprio paese natale per fare esperienze poiché sono proprio queste esperienze che ti rendono la persona che sei oggi e arricchiscono il tuo lavoro. Qualora un ragazzo scegliesse di tornare a San Gimignano, troverebbe un contesto sicuramente favorevole, non soltanto perché abbiamo avuto qualche ristorante stellato che aiuta sempre e fa da benchmark, ma soprattutto perché c’è una fortissima tradizione enogastronomica con prodotti di assoluta eccellenza.
Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo assistito a un aumento di attività di fascia medio-alta che hanno portato un pubblico che prima non si affacciava a San Gimignano. Il nostro comune è senza dubbio un’attrazione medioevale, ma se sei un turista a cui non interessa l’aspetto storico, ma sei appassionato di gastronomia o di cicloturistico, a San Gimignano puoi trovare un’ampia offerta che soddisfi i tuoi bisogni. Per non parlare di come, negli ultimi tempi, a fianco di realtà più affermate, siano nati esercizi come enoteche e pizzerie che offrono delle esperienze e dei prodotti di qualità innovativi.
Parlando di ospitalità, la Toscana è senza ombra di dubbio una delle principali regioni italiane dalla spiccata vocazione turistica, complici le bellezze naturali, le attrazioni storico-artistiche e il vasto patrimonio enogastronomico. Ma sebbene anche altre aree dello Stivale possano vantare simili punti di interesse, il turismo toscano, anno dopo anno, sembra semplicemente avere una marcia in più. Quale pensa sia il segreto dell’accoglienza toscana? Magari delle maggiori sinergie tra imprese, associazioni, enti regionali ed istituti alberghieri?
Sicuramente sì, infatti, anche a San Gimignano il “fare rete” è un tema che perseguiamo senz’altro. Ad esempio, stiamo lavorando alla costruzione di una DMO – Destination Management Organization – che pone tutti gli attori che lavorano nel mondo dell’offerta turistica allo stesso tavolo per promuovere in modo univoco il territorio: dalla gastronomia, al sistema ricettivo fino al commercio al dettaglio. Obiettivo finale, puntare su un turismo culturale e sostenibile, fatto sostanzialmente di due elementi: una comunità resiliente e un’offerta a 360° dove la somministrazione e la ricettività non sono elementi secondari ma, facendo rete, contribuiscono a sorreggere l’intero tessuto socio-economico.
Eppure al momento, come comune, siamo di fronte a due problemi: il primo è storico ossia gli affitti troppo elevati – e la pandemia ha dimostrato la completa assenza di meccanismi automatici in tal senso, ossia la mancanza di una ridefinizione spontanea dei prezzi degli affitti, di fronte a rincari frutto di speculazione e di un mercato drogato – e il carovita, difficoltà che tutte le attività del paese con cui mi confronto stanno affrontato, soprattutto in riferimento ai costi energetici.
Da uomo politico, quali consigli darebbe alla nuova compagine di governo?
Il nuovo governo deve dare sicuramente priorità al tema del caro energia, fissando un tetto ai prezzi, ma allo stesso dovrebbe creare le condizioni affinché le attività possano lavorare. Amministrando un comune patrimonio dell’umanità, torno a chiedere con forza che consentano a noi sindaci di poter incidere sul destino dei nostri centri storici perché io, ad oggi, non ho alcun potere – o per lo meno poteri molto scarsi- per contrattare la rendita speculativa di cui parlavamo prima o osteggiare l’omologazione commerciale, non solo nelle vendite al dettaglio, ma anche nella ristorazione. Se prendiamo Firenze, ad esempio, troviamo tantissime “schiacciaterie” e in pochi fanno le cose per bene. Io non ho alcun tipo di potere per arginare questi fenomeni, quindi chiediamo norme particolari e più strumenti per i sindaci per la tutela del territorio e delle proprie tradizioni.