Mancanza di personale, istituti alberghieri e caro energia: un’intervista a Dario Stragapede, Food & Beverage Manager ed Executive Chef di Gardaland.
Da un piccolo comune nella provincia di Bari a colonna portante di uno dei parchi divertimento più importanti d’Europa: il percorso di Dario Stragapede è senza ombra di dubbio tempestato di successi. Food & Beverage Manager di tre hotel di Gardaland – il Gardaland Hotel, Gardaland Adventure Hotel e Gardaland Magic Hotel – ed Executive Chef alla guida di notevoli ristoranti delle strutture alberghiere – dal Matka Restaurant con una cucina gourmet family-friendly, al Tutankhamon restaurant e le cene spettacolo con ingredienti di nicchia, fino al più recente Quercia Restaurant e la sua barbecue experience – Dario è certamente un prodigio della ristorazione italiana. E chi meglio di lui per offrirci un punto di vista sull’attuale situazione del comparto?
Benvenuto e grazie per averci concesso quest’intervista. In questo spazio, dedicato all’emergenza lavoro di questi ultimi anni, abbiamo affrontato il tema della mancanza di personale. Con un’estate finalmente senza restrizioni, che esperienza avete avuto a Gardaland? Avete riscontrato difficoltà a reperire le risorse necessarie? Quali crede siano le cause di questo disinteresse verso il mestiere di sala e cucina?
Rispondo a questa domanda un po’ a malincuore perché la clientela è senz’altro aumentata rispetto al 2019, ma il tallone di Achille è stato indubbiamente lo staff poiché sono venuti a mancare molti operatori. Ma piuttosto che incolpare la politica o cercare un capro espiatorio, dovremmo iniziare a lavorare su delle soluzioni. Tra queste, tornare alle origini e lavorare con gli istituti alberghieri. Se penso alla mia carriera non posso che essere contento, ma prima c’erano tanti ragazzi che avevano l’ambizione di diventare chef, la cucina era vista come un “wow”: si sognavano le crociere, i grandi hotel e i resort. Adesso, con gli anni, noto che non ci sono più questi stimoli, per questo cerco di essere ambasciatore negli istituti, così da trasmettere la bellezza di questo settore.
Come incoraggiare dunque i ragazzi ad intraprendere una carriera dietro i fornelli?
Ovviamente questo mestiere bisogna amarlo, perché, se fatto controvoglia, può risultare un lavoro complesso e difficile, dal momento che richiede sacrificare molto tempo libero come weekend e festività. Al Gardaland Hotel stiamo cercando di trovare un equilibrio sotto questo punto di vista. Quest’anno, ad esempio, abbiamo deciso di chiudere a Natale per consentire a tutti gli operatori di trascorrere le feste in famiglia. Al giorno d’oggi, il focus non è più lo stipendio, ma il benessere lavorativo.
A riguardo, con la nostra azienda, investiamo dai 30 ai 50 mila euro l’anno, a seconda delle esigenze, in attrezzature innovative poiché lavorare con strumenti di ultima generazione, e un grado continuo di innovazione, aiuta a svolgere il proprio mestiere in maniera più efficiente, in meno tempo e con meno fatica. Questo è sicuramente uno dei key focus di cui mi sono fatto promotore con la mia dirigenza. Inoltre, crediamo molto nella crescita professionale dei nostri collaboratori, con possibilità di avanzare di carriera o di spaziare in un qualsiasi sito della Merlin Entertainments: il grande gruppo di cui facciamo parte che conta oltre 200 siti in tutto il mondo, tra cui Madame Tussauds, Legoland ed Alton Tower.
Qualora dovesse esprimere un giudizio sullo status attuale degli istituti alberghieri, quali pensa siano i principali punti di debolezza? Su cosa si dovrebbe investire?
Più ore pratiche, laboratori all’altezza e un insegnamento profilato, non solo dal punto teorico ma anche pratico. Sarebbe bello fare attività di stage o alternanza scuola lavoro e corrispondere un piccolo riconoscimento economico per il buon lavorato, magari anche una cifra simbolica o un premio. Eppure, ogni anno ci ritroviamo con sempre meno iscritti: una notizia certamente non confortante perché tra 5-6-7 anni ci ritroveremo con un bacino limitato del settore ristorativo o tecnico alberghiero. Per cui spero che anche i nostri enti governativi possano sostenere le scuole con degli investimenti: l’alberghiero non può essere definito un istituto professionale, quando si hanno solamente tre ore di pratica settimanali per mancanza di budget o attrezzature.
Quello che noi ristoratori possiamo fare è investire sì negli stage, ma assicurarci che anche una sola ora in più venga retribuita in busta paga, non sponsorizzando il nero – la retrocessione dell’Italia – e consentendo ferie e permessi. Una strategia che utilizziamo a Gardaland è pianificare la settimana entro il giovedì, massimo venerdì, così che ogni risorsa possa consultare gli orari della settimana successiva per organizzare la vita extralavorativa. L’obiettivo non è più lavoro, lavoro, lavoro ma è lavoro, vita privata, famiglia, figli, tempo libero, tempo per la persona. A riguardo sto proponendo ai miei dirigenti di inserire delle azioni di welfare come dei bonus o degli abbonamenti presso una spa o una palestra, oltre a benefit come ingressi al parco dai 20 ai 40 accessi, in base al contratto, per godersi le attrazioni con i propri cari.
Con un autunno su cui incombono le minacce del caro energia, dell’inflazione e una possibile risalita dei casi, quali problemi preannuncia dovrà fronteggiare il ramo ristorazione? Che tipo di supporto dovremmo ricevere dalle istituzioni centrali e/o regionali?
Vivo questo settore dal ‘95, perché amando questo lavoro, ho rincorso il sogno fin da giovanissimo. In tutti questi anni ho constatato che siamo davvero una punta di diamante del tessuto economico italiano, non a caso, abbiamo una cultura del cibo che gli altri Paesi ci invidiano. Ma proprio per il considerevole indotto che i settori turistico, alberghiero, ristorativo generano ogni anno, è importante ricevere dalle istituzioni la giusta attenzione. Dietro un semplice ristorante, infatti, c’è un intero mondo: famiglie, fornitori, aziende di servizi; un mondo che deve essere tutelato, magari destinando, in questo particolare momento storico, dei fondi a chi si trova in difficoltà. In molti stanno gettando la spugna, io mi ritengo fortunato perché lavorando per una multinazionale, abbiamo diverse risorse, ma il mio pensiero va ai piccoli ristoratori, ai colleghi, agli chef di cucina che hanno inseguito una passione, ma si trovano a mettere in pausa o veder sopite le loro aspirazioni per dei costi che non hanno deciso.