PRODOTTI VEGETALI LATTOFERMENTATI, ASPETTI DI SICUREZZA ALIMENTARE, CARATTERE PROBIOTICO E PRESENTAZIONE DEL PRODOTTO.
La parola alla tecnologa alimentare di CAST Alimenti, dr.ssa DANIELA MENDOLIA.
La fermentazione degli alimenti è documentata fin dall’antichità. Questa tecnica è applicata a matrici di origine animale e vegetale per ottenere il prolungamento della conservazione delle derrate alimentari unitamente alla modifica delle caratteristiche nutrizionali e sensoriali.
L’elevata variabilità di combinazioni tra ingredienti e processi produttivi, ha dato vita ad una grande varietà di preparazioni, condimenti e bevande diffusi universalmente.
Suddividendo grossolanamente per categorie di alimenti, possiamo considerare come base di fermentazione i prodotti vegetali, il pesce ed i prodotti carnei.
La disponibilità di risorse è generalmente il fattore guida per la prevalenza di una o dell’altra origine nei prodotti tradizionali. Ad esempio, in luoghi come l’Africa, in cui sono più abbondanti cereali, legumi ed altri vegetali rispetto ai derivati di origine animale, avremo una consistente presenza di fermentati riconducibili a queste origini. Spostandoci verso l’Asia, in particolare in Giappone, si avranno prodotti fermentati tipici a base pesce e in Europa a base carne.
Esempi di prodotti fermentati di uso comune nel nostro Paese, per la categoria di origine animale sono: lo yogurt, alcune tipologie di formaggio, il salame. Per i prodotti vegetali citiamo: il pane prodotto con lievito madre, le olive da tavola, il vino e la birra. Anche il cacao e il caffè, seppur non originari dell’Unione Europea, appartengono al gruppo.
Valuteremo in questa sede la combinazione di prodotti ottenibile partendo da una origine vegetale e utilizzando, tra le diverse tipologie di fermentazione esistenti, quella lattica. A titolo di esempio, fanno parte di questo gruppo i crauti ottenuti per lattofermentazione del cavolo cappuccio.
Innanzitutto chiariamo cosa si intende per fermentazione e in particolare, per fermentazione latttica. La fermentazione è un processo metabolico che avviene in assenza di ossigeno, nel nostro caso sono implicati specifici batteri, i batteri lattici.
La tecnica che si intende descrivere prevede lo sviluppo guidato di questi batteri, naturalmente presenti sulla superficie dei prodotti vegetali, generalmente senza ricorrere all’inoculo (ovvero senza l’aggiunta di popolazioni microbiche note per la loro capacità fermentativa del substrato da trattare o per la loro azione desiderata su altri fattori caratterizzanti l’alimento).
È da considerare che su ogni ingrediente, oltre ai batteri lattici, sono presenti altri microrganismi in grado di operare differenti processi metabolici. Il risultato della loro presenza può tradursi in esiti indesiderati, a volte potenzialmente pericolosi per la sicurezza alimentare.
Per fare in modo che si sviluppino solo le popolazioni microbiche desiderate, si agisce creando le condizioni di crescita che li favoriscono in modo selettivo. Ciò è ottenuto principalmente attraverso una ben determinata concentrazione di sale, la condizione di assenza di ossigeno (anaerobiosi) ed il controllo di tempo e temperatura di fermentazione prima e di conservazione poi.
Si evitano così la presenza di microrganismi di tipo patogeno, ovvero dannosi per la salute dell’uomo e la produzione di composti tossici in grado di causare vari effetti avversi (ipotensione, mal di testa, palpitazioni, nausea, vomito, diarrea, rash, orticaria, edema, ecc.).
La selezione ben attuata lascia nei prodotti finiti una popolazione microbica e un insieme di sostanze con dimostrati effetti benefici sull’organismo umano. Seppur tali effetti non siano da intendersi come sostitutivi delle pratiche mediche per la prevenzione e per la cura di patologie, il supporto fornito tramite questi alimenti risulta sicuramente interessante.
Relativamente alla popolazione microbica assunta alimentandosi coi prodotti lattofermentati, essa interagisce favorevolmente con la popolazione residente nell’intestino umano (microbiota intestinale). Tale popolazione ha una composizione eterogenea e variabile in funzione di numerosi fattori, ma è indubbio che un suo equilibrio sia implicato nel generale buono stato di salute di ogni individuo e nella sua capacità di reagire in modo ottimale agli attacchi esterni. È in studio, ad esempio, l’effetto protettivo di tale stato di equilibrio nei confronti dei sintomi del cosiddetto “long covid”.
A livello di produzione alimentare, è da considerare attentamente la presenza di questa popolazione microbica viva. Dal punto di vista logistico, ad esempio, essa porta con sè la necessità di porre determinate attenzioni che diminuiscono la capacità di distribuzione rispetto a quella degli alimenti privi di microrganismi vitali.
Dal punto di vista commerciale, in particolare di presentazione del prodotto, ricordiamo che l’utilizzo del termine “probiotico” si riferisce alla presenza di microrganismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite (definizione FAO e OMS). Il lattofermentato contiene batteri vivi e attivi, ma non necessariamente di tipo probiotico. Per vantare questa caratteristica, l’operatore del settore alimentare deve comprovare la loro presenza, eventualmente avvalendosi di determinati accorgimenti per garantirla.
In conclusione, la produzione di alimenti vegetali lattofermentati rappresenta una risorsa sempre attuale per il settore alimentare, seppur con le necessarie attenzioni e l’opportuna modulazione dei fattori che possono rappresentare dei limiti per la vendita e per la presentazione del prodotto finito.
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