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CAST per FIC: la rubrica mensile a cura di CAST Alimenti (24)

Lievito Madre: lo sapevi che…?

Con CAST scopri tutti i suoi segreti

a cura del Prof. Franco Antoniazzi, consulente e docente CAST Alimenti

  • Lo sapevi che per ogni grammo di lievito madre ci sono almeno un miliardo di lattobacilli e 100 milioni di lieviti?

Mentre i lieviti sono per l’80% una sola specie presente, i lattobacilli sono sempre presenti in qualche decina di specie diverse. Qualcuno può pensare di usare il lievito madre secco, ma è tutt’altro prodotto perché, dopo il processo di essiccazione, sia dei lieviti che dei lattobacilli ne rimangono pochi.

  • Cosa è il lievito madre o lievito naturale o lievito acido o lievito naturale da rinfresco?

Semplicemente un impasto miscelando acqua, farina e lasciato lievitare spontaneamente. Non esiste il lievito madre perfetto perché lui è sempre in continua evoluzione, con alternarsi di microrganismi diversi. Anche se si opera in condizioni ideali: stessa farina, stesso processo, stessa temperatura, stesso impasto, stesso operatore, con produzione in camera bianca, si realizza un lievito madre che continua a cambiare la sua flora microbica predominante. Quale è la causa di questo cambiamento?  Ovviamene lo starter di partenza, la contaminazione dell’ambiente, le condizioni del processo di preparazione in particolare l’umidità e la temperatura dell’impasto, ma soprattutto la microflora presente nella farina che utilizziamo per il rinfresco.

Non si può dire il lievito della ditta “X”, ma eventualmente il lievito della ditta “X” del giorno “Y”. Ugualmente è solo allegoria dire che il proprio lievito ha decine se non centinaia di anni, perché nel tempo si sono alternate migliaia di microrganismi diversi, ovvero delle popolazioni del microbioma che continuano a cambiare anche oggi.

  • Il ciclo classico di tre rinfreschi del lievito madre può essere accorciato o allungato?

Si, ma ricordiamoci che meno rinfreschi facciamo e meno vitalità avrà il nostro lievito. Noi lo rinfreschiamo quando ha raggiunto circa 2/3 volte il suo volume iniziale, ovvero nella fase logaritmica di crescita dei nostri microbi. Se lo rifacciamo con un solo rinfresco partiremmo da microrganismi in fase sì di crescita esponenziale, ma che non sarà così performante come se dovessimo dargli due rifreschi in più.

  • Ci sono dei rapporti ottimali tra lievito e la quantità di farina che utilizziamo per il suo rinfresco nei diversi passaggi?

No. Nella pratica con migliaia di quintali di prodotti che sono stati fatti dalle più grandi aziende, quindi con processi sicuri ed affidabili, si può vedere dal loro confronto che non c’è una ragione tecnica con cui sono stati scelti quei parametri: il prodotto usciva bene e si è continuato con i parametri scelti. Anche perché quello che conta è di avere sempre dei risultati costanti.

Un consenso invece si ha nelle quantità di acqua da mescolare con la farina per i diversi rinfreschi. In genere si lavora intorno al 48-49%, ovviamente sapendo che aumentando il contenuto di umidità si aumenta la presenza dei lieviti e viceversa.

Il lievito può andare incontro anche ad alterazioni particolari, due sono le cause principali di questi difetti:

  1. Lievitazione lenta: noi vogliamo ottenere per lo più il massimo volume possibile dei prodotti finiti
  2. Acidificazione eccessiva dell’impasto: i nostri batteri hanno lavorato più del necessario.
  • Ma perché noi usiamo il lievito madre?

Un processo molto complicato di difficile gestione per quanto riguarda la costanza di qualità e comunque molto impegnativo, perché se si vuole un prodotto costante ed affidabile lo dobbiamo rinfrescare tutti i giorni.

La ragione più importante dell’utilizzo del lievito madre è la produzione dei lattobacilli di molecole molto lunghe partendo dai pochi zuccheri che ci sono nella farina. Queste molecole nel prodotto finito formano come una specie di gelatina che mantiene il prodotto molto fresco per diversi mesi. Tecnicamente il lievito madre ci serve contro lo “staling” che è quel processo di indurimento in particolare a carico dell’amido della farina. Per rallentare lo “staling” ancora oggi si usano i mono e di-gliceridi che non hanno alcun problema dal punto di vista sanitario circa la tossicità, ma che i consumatori assolutamente non li vogliono perché pensano derivino da chissà quali grassi di scarto.

  • Lo sapevi che…?

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