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Il male oscuro uccide i Grandi Chef

Cosa potrebbe essere accaduto nella mente di alcuni dei più eminenti chef del pianeta? Gente ha provato a chiederlo ad Antonio Cerasa, neuroscienziato del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), che naturalmente indica delle ipotesi rivolte a chi viene a godere di una elevata celebrità, non elabora una diagnosi sul comportamento degli chef di cui stiamo ricordando il destino mortale. L’opinione di Cerasa, però, è certamente interessante da ascoltare visto che è l’artefice di una recente indagine  attuata in collaborazione con la Federazione Italiana Cuochi: lo studioso, infatti, ha raccolto i dati di circa 700 cuochi cercando di correlare lo stato di stress psicofisico con lo stato di salute. La sua risposta, insomma, è comunque ricca di spunti: «Il lavoro dello chef, in generale, è molto particolare e necessita di un’analisi approfondita. Da una parte abbiamo il forte stress psicofisico a cui si è sottoposti durante le continue giornate di lavoro che in media non scendono quasi mai sotto le 60 ore settimanali. Questa pressante richiesta ambientale può però conciliarsi con il raggiungimento di importanti traguardi personali che, se da una parte, riempiono di soddisfazioni, dall’altra provoca un aumento delle responsabilità e delle richieste lavorative. La sottile linea di demarcazione tra soddisfazione e responsabilità può non essere colta dalla persona che potrebbe rimanere schiacciata da queste pressioni ambientali legate ad un lavoro che è continuamente sotto la luce dei riflettori” spiega a Gente Antonio Cerasa.

 

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