di Alex Revelli Sorini e Susanna Cutini proff. Università San Raffaele Roma
Per esaminare la sensibilità del sistema fisiologico che rileva la temperatura nella bocca, gli scienziati hanno utilizzato piccoli elementi riscaldanti collegati a sensori termici; in questo modo hanno scoperto che il labbro inferiore è la parte della bocca più sensibile alle variazioni di temperatura, poiché arriva a distinguere sbalzi di 0,08 °C, e in tempi inferiori a un decimo di secondo! I pasticcieri fanno bene a controllare i fondenti di zucchero e altri prodotti con il labbro inferiore.
Il caldo e il freddo sono rilevati da sistemi diversi di recettori, e le sensibilità al caldo e al freddo devono avere un’origine diversa. Si può spiegare la sensibilità al freddo ricordando che per i nostri antenati era una questione di salute bere l’acqua limpida e fresca di fiumi e ruscelli, piuttosto che quella putrida e intiepidita degli stagni.
Invece, come sarebbe apparsa nei mammiferi la sensibilità al caldo? Il rilevamento del caldo in bocca ha senz’altro un ruolo particolare legato all’alimentazione; secondo alcuni faciliterebbe la ricerca delle mammelle materne.
I fisiologi olandesi del Centro delle scienze alimentari di Wageningen e Jon Prinz hanno ipotizzato che i cibi più acquosi sembrino più freddi di quelli grassi perché questi ultimi, ricoprendo la mucosa orale, impedirebbero l’evaporazione e quindi il raffreddamento. Il rilevamento della temperatura in bocca sarebbe un meccanismo utile per individuare i grassi necessari all’alimentazione, e costituirebbe quindi un vantaggio evolutivo. Questa ipotesi non sarà di facile dimostrazione, ma l’effetto termico dei grassi in cucina è comunque da tener presente se si vogliono rendere i cibi più dietetici. Si sa che le molecole degli alimenti piccanti e pepati e la sensazione di calore sono percepite dagli stessi recettori. Agendo su di essi, queste molecole potrebbero forse compensare il raffreddamento effettivo di un cibo senza grassi, dovuto all’evaporazione dell’acqua.